Circa un anno fa il gruppo U.N.I.T.A.L.S.I. di Monteroni inaugurava la nuova sede, dopo aver ristrutturato alcune stanze della Casa Canonica della Parrocchia del Sacro Cuore. Soffiava il vento dell’entusiasmo, insieme al desiderio di essere vicini agli ammalati e diversamente abili e alle loro famiglie. L’Unione Italiana Trasporto Ammalati a Lourdes e nei Santuari Internazionali, è un’associazione ecclesiale e, a partire dallo spirito del pellegrinaggio alla grotta di Massabielle, sostiene e alimenta la spiritualità di un luogo divenuto incrocio di tante esperienze di vita, di tante sofferenze, e della Speranza che rinasce dentro, quando si ha l’opportunità di un incontro con se stessi e con gli altri. Purificati dall’acqua e dalle lacrime, si può ripartire in modo nuovo.
Mentre le notizie sulla diffusione del Covid -19 si rincorrevano tra scetticismo e preoccupazione, poche settimane dopo, l’Italia entrava in lockdown, il mondo dichiarava ufficialmente la pandemia. In questo periodo senza precedenti, le attività si sono fermate, anche la graduale ripresa è rimasta condizionata dalla diffusione dei contagi. Sono stati sospesi viaggi e pellegrinaggi. La sosta forzata ha interrotto la possibilità degli incontri in presenza, ma ha alimentato il desiderio di ritrovarsi. In questi mesi l’Associazione ha colto l’opportunità di riflettere a vari livelli, locale e nazionale. Un altro modo di percorrere un cammino per riflettere sulla propria identità, sulle immancabili criticità, per rinnovarsi dall’interno, ispirandosi alla fedeltà a quei principi per cui è sorta da più di un secolo, nel 1903. Per cogliere le sfide di un tempo in cui tutti ci riscopriamo fragili, potenzialmente ammalati, se non di fatto isolati in un letto d’ospedale. La spiritualità mariana è spiritualità di presenza e di ascolto, di preghiera e di penitenza, secondo l’invito, sempre attuale, di Bernadette Soubirous.
A livello nazionale, il coinvolgimento di gruppi, sottosezioni e sezioni, ha permesso un ampio scambio di idee e di proposte, nella discussione su punti di forza e punti di debolezza, per un autentico discernimento, per continuare ad essere segno di una presenza profonda e significativa.
Anche la sottosezione di Lecce, l’insieme dei soci dell’intero territorio diocesano, da diversi mesi è impegnata nel rivedere e riconsiderare la propria organizzazione e strutturazione, nel solco delle novità apportate dallo statuto rivisto e approvato dai Vescovi italiani nel 2018. Un rinnovamento che tenga conto di tutto il bene già operato nel tempo, e della possibilità di rinnovarsi per continuare ad operare secondo autenticità e Carità. S. Giovanni Paolo II, a conclusione del grande Giubileo del 2000, invitava la Chiesa tutta a “prendere il largo” sulla Parola di Gesù, sottolineando che bisogna “essere” prima che “fare”. Parole che suonano profetiche ancor più oggi, in un mondo malato di efficientismo, costretto a fermarsi e invitato da Papa Francesco a rivedere i criteri di fondo, partendo dalla considerazione che siamo “Fratelli tutti”.
Mercoledì scorso, 3 marzo, dopo la messa vespertina, il gruppo U.N.I.T.A.L.S.I. di Monteroni è tornato a riunirsi, in Chiesa, nel rispetto delle distanze e norme dettate dall’emergenza sanitaria. Per ricominciare, finalmente, in modo nuovo. Si è parlato dei vari aspetti che riguardano l’Associazione, dello spirito di appartenenza, del rinnovamento in atto e del fine ultimo: la possibilità di essere vicini agli ammalati, pur mantenendo il distanziamento fisico. Forse un po’ arrugginiti rispetto alle aspettative di un anno fa, ma a maggior ragione consapevoli che bisogna attendere la volontà di Dio, non i propri desideri, per quanto ispirati ai migliori propositi. Non sarà troppo azzardato pensare all’idea di rinascere, come persone, prima che come gruppo e come Associazione. Ritrovarsi significa che non si è mai spezzato quel filo che ci unisce e la consapevolezza che col poco di tanti si può realizzare molto, sempre in spirito di Carità, appunto, termine centrale anche nel logo associativo. Si tratta di unire le forze e offrire se stessi, come il dono più gradito a Dio Padre. Offrire tempo, preghiera, speranza e sofferenza per rendersi Cirenei di un mondo in ricerca delle sorgenti della gioia. Conoscere meglio l’ U.N.I.T.A.L.S.I. vuol dire superare la novità come notizia superficiale del momento, per entrare in quello spirito di appartenenza che apre poi a una novità più profonda, nella fedeltà ad un messaggio che nasce dall’ascolto e chiede conversione. È il messaggio stesso di Lourdes. Si tratta di un primo passo, nella speranza che gli eventuali cambiamenti, portati dall’evolversi della curva dei contagi, ci mettano in condizione di proseguire nel cammino. In fondo tutti, volontari, ammalati e disabili, sappiamo di essere uniti, perché tutti, anche se in modo diverso, segnati dalla sofferenza e dal desiderio di una speranza non effimera, perché fondata nel silenzio della preghiera, nella consapevolezza di non essere soli, in quanto pietre vive di una Chiesa che, attraverso l’acqua del Battesimo, continua a portare l’annuncio della Resurrezione e della vita nuova. Come Cristo nel Getsemani offriamo il senso di scoraggiamento, per lasciare che diventi affidamento, nelle mani del Padre.
Ci saranno altre possibilità di incontro? Non lo sappiamo, non possiamo prevedere il futuro, neanche a breve termine, ma possiamo camminare nella consapevolezza che il tempo è nelle mani di Dio e con umiltà possiamo chiedere il dono di un cuore lavato e purificato dall’acqua della penitenza e del perdono, dato e ricevuto. Intanto, nonostante la pandemia e la chiusura dei confini regionali, nazionali e internazionali, almeno per un pellegrinaggio possiamo scegliere di partire, secondo l’invito di don Tonino Bello: «Il pellegrinaggio più faticoso è quello che porta l’uomo dalla periferia al centro del proprio cuore. Il più lungo è quello che conduce alla casa di fronte, sullo stesso pianerottolo, Il più serio è quello che porta all’incontro con Dio». Allora, quando questo tempo incerto sarà passato, volgendo lo sguardo ad oggi, potremo renderci conto di quanto avremo davvero camminato.