Viviamo un passaggio storico, che travalica ogni comune aspettativa, con le sue difficoltà e contraddizioni, che sarà raccontato negli anni a venire. Inserite in questa storia ci sono le storie personali di Ninetta Tempesta e di sua figlia, Mariella Greco, morte a causa del Covid-19, a distanza di una settimana una dall’altra. Sono giorni tristi, che tuttavia generano un senso di gratitudine per la loro vita. Una storia grande, nella sua semplicità. Una storia, di cui raccontare almeno qualche frammento di luce.
Della loro fede semplice, autentica e sincera, vissuta all’interno di una famiglia dove l’amore non è un modo di dire, ma un modo di essere. Dove non sono mancati i problemi e le fragilità, accompagnate però dalla salda fiducia di ricevere dall’Altissimo la luce e la forza necessarie.
Ora sono tra le braccia del Padre. Hanno vissuto questi ultimi anni l’una per l’altra. Nel loro ultimo viaggio, come da protocollo, una semplice benedizione, senza la sosta in Chiesa.
Nondimeno Ninetta è stata un riferimento delle iniziative pastorali, fin dal primo sorgere della Parrocchia nel quartiere. Alla base della Croce del grande Crocifisso di cartapesta, una targhetta
A DEVOZIONE DI Antonio e Ninetta Greco NELL’ANNO CENTENARIO 1967.
Mentre Monteroni celebrava solennemente il centenario del miracolo del Crocifisso, per la liberazione dall’epidemia di colera, questo dono era, in qualche modo, segno di un nuovo inizio, nella periferia più estrema del paese. Veniva collocato dapprima nel salone adibito a chiesa, successivamente nella Chiesa vera e propria, nei primi dieci anni dalla dedicazione. Attualmente si trova accanto alla porta dell’ufficio del parroco, edificato negli anni novanta, in un punto di passaggio, dove è facile rivolgere uno sguardo e una preghiera, uscendo dalla sacrestia o in attesa di una confessione. Nell’archivio parrocchiale un faldone raccoglie appunti, elenchi, relazioni, da cui si evince il lavoro paziente e sollecito di don Edmondo in tempi non semplici. Tra quelle carte i nomi degli “operai della prima ora”. In quei tempi Ninetta aveva meritato la fiducia del parroco, per la sua onestà e il suo modo si agire, attento e preciso. La sua presenza, tenera e rassicurante, bastava ai miei occhi di bambino, non del tutto edotto di quali fossero le sue specifiche responsabilità e mansioni precise. Oggi mi parlano di lei, quando chiedo dell’Apostolato della Preghiera, del Gruppo Missioni, e non solo. Ricordo Mariella nella cucina del Seminario di Lecce, in Piazza Duomo. Per me adolescente, una presenza familiare, che mi faceva sentire un po’ più vicino a casa.
Così Gianni e Gabriele hanno ricordato la madre e la sorella:
“Mamma, non eri una madre severa, ma eri una madre giusta, non eri una madre apprensiva, ma eri una madre premurosa; non eri una madre che abbondava in carezze, ma le dispensavi con sapiente dolcezza; non eri una madre modello ma eri nostra madre e per noi sei stata perfetta. Ciao mamma.” (G.G.)
A MARIELLA.
Eri come un albero fragile, sorella, ma sapevi comunque offrire un’ombra rassicurante.
Eri un piccolo albero Mariella, ma i tuoi fiori emanavano fragranze di sincero amore e fraterna amicizia.
Eri un delicato albero, ma con forti radici che ti legavano indissolubilmente ai tuoi affetti più cari.
Ora cara Mariella, noi che siamo rimasti, ogni volta che sul nostro cammino incontreremo un piccolo fragile albero, non potremo che pensare a te. (G.G.)
Bella e significativa testimonianza, espressa in parole, e soprattutto comunicata con la semplicità e la discrezione dei gesti, peculiarità evidentemente di famiglia. Con un dolore certamente forte, eppure composto, vissuto con grande senso di rispetto e dignità.
Ho celebrato per loro la messa nella Chiesa vuota, nel rispetto stringente delle norme di questo tempo difficile e travagliato. Ho chiesto di collocare il Crocifisso di cartapesta sull’altare. Certo, una forzatura liturgica, ma a quante forzature, non solo liturgiche, ci ha costretto questa pandemia? Mi è sembrato un modo per esprimere, allo stesso tempo, il dolore del distacco e l’affidamento, con la gratitudine di tutta una comunità. Insieme alla preghiera che il Signore ci rinnovi, ancora una volta, liberandoci dal male di questa calamità, dalla paura, per restituirci al gaudio della Pasqua. Alla vigilia della domenica del Buon Pastore, il grande Crocifisso è, ancora una volta, un segno, soprattutto per me. Per rafforzare la preghiera e la premura verso le persone che il Signore mi affida ogni giorno.
Shomèr ma mi-llailah? Sentinella, quanto resta della notte? (Is 21, 11-12). “La notte, udite, sta per finire, ma il giorno ancora non è arrivato, sembra che il tempo nel suo fluire resti inchiodato”. (Francesco Guccini).
Ai piedi dell’Uomo della Croce viviamo il tempo del dolore e solleviamo lo sguardo verso Colui che per noi e per i nostri peccati è stato trafitto. Manca poco all’alba del primo giorno dopo il Sabato, quel giorno nuovo, che non conosce tramonto. Non è ancora vinta la paura, non siamo ancora sicuri da ogni turbamento, eppure, nel giorno della Pasqua di don Tonino Bello, profeta di Speranza, accogliamo come una benedizione le sue parole: “Vi faccio quest’augurio. Che anche voi, scrutando i segni, possiate dire così: Resta poco della notte, perché il sole sta già inondando l’orizzonte”.
Grazie, Ninetta! Grazie, Mariella! Arriverà il tempo di una nuova bellissima primavera, senza scadenza di calendario: sarà il tempo in cui non più da soli, ma tutti insieme, come comunità, eleveremo al Signore un canto di lode per le meraviglie che ha operato in voi e in mezzo a noi. Allora come pietre vive, in una Chiesa non più vuota, potremo rendere grazie a Dio, con tutta la voce. Al Padre fonte di ogni vita, al Figlio, nostro fratello, morto e Risorto, allo Spirito che tutto rigenera nell’Amore. Questa è la nostra fede, la Fede della Chiesa, che insieme abbiamo professato e che ora vi introduce nella pienezza della vita.
don Elio Quarta