Commento al Vangelo del 28 luglio 2024

Giovanni ci propone la narrazione della moltiplicazione dei pani e successivamente il discorso sul pane di vita. Si sposta l’attenzione sulla Rivelazione messianica di Gesù… all’orizzonte un altro rifiuto. Gesù è il nuovo Mosè, dona il pane, compie le promesse, si rinnova la Pasqua, per cui si pongono le condizioni che porteranno all’incomprensione, al rifiuto, alla condanna, alla croce, si compie così il progetto del Regno di Dio. Il Messia anticipa i bisogni della folla, prende l’iniziativa. L’analisi di Filippo è estremamente concreta, razionale, matematica, dunque anche economica. Numeri iperbolici, crudi e reali, danno l’impressione netta dell’impotenza. Come per tanti problemi, oggi. Cosa siamo noi? Pochi miliardesimi di umanità, pulci contro elefanti, gocce nell’oceano.
La logica dei conti suggerirebbe di congedare la folla, l’invito è in direzione opposta. Ecco uno scenario impensato. C’era erba in quel luogo, riferimento alla primavera, la stagione delle gemme, della Pasqua e della festa ebraica delle Primizie. È primizia il pane d’orzo, il primo dei cereali a essere mietuto, il ragazzo è una primizia d’uomo: il gaudio delle primizie. Il Signore si fida degli adolescenti, dei loro sogni, dell’audacia del ragazzino, che offre ciò che ha per sé. L’Onnipotente interpella la responsabilità. Scrive don Tonino Bello: «[Il pane] oltre a quella dello stomaco, placa anche la fame dello spirito, che è fame di solidarietà. Raccolto nelle sporte, dopo un pasto miracoloso sull’erba verde, sta ad indicare che a chi sa fare la divisione gli riesce bene anche la moltiplicazione».
Primizia in ogni gesto della giornata, come la preghiera… Non ci viene chiesto di risolvere tutti i problemi del mondo, ma di porre dei segni, che siano primizia di un mondo nuovo. Senza la pretesa di vedere i frutti, con il gusto della primizia.
Gesù ripete lo stesso gesto della Cena, la raccolta dei pezzi avanzati ricalca la cura delle comunità nel raccogliere i frammenti eucaristici. Dodici sono i cesti, la totalità e anche il numero degli apostoli.
La gente riconosce in Gesù il profeta, ma equivoca: invece di comprendere il valore della responsabilità, indispensabile anche al Messia, vuole un re, un potente, a cui delegare per ottenere soluzioni per la pancia. Gesù ritrova in solitudine l’incontro col Padre, forse cerca le parole per far cogliere l’essenziale. Non proclami da re, ma una parola per leggere i segni dei tempi.

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