Conoscere e amare: in ricordo di Marcello Bello

Don Tonino Bello, vescovo di Molfetta, Ruvo, Giovinazzo e Terlizzi, di cui è in corso la causa di beatificazione, ha colpito molti con le sue parole efficaci, le sue scelte coerenti e la sua vita, improntata all’autenticità evangelica. Cinque anni fa, il 16 ottobre 2019, anche il fratello Marcello varcava la soglia di questa vita, verso la vita eterna.
Nelle parole del figlio Stefano, già pubblicate dalla Fondazione di Alessano sulle pagine de “Il Grembiule”, riproponiamo un saluto carico di emozione, significativo, un vero e proprio passaggio di testimone, in senso pieno.

LETTERA A PAPÀ

Spesso siamo portati a pensare che siano gli adulti a insegnare qualcosa ai più piccoli. Io mi rivolgo a te prendendo in prestito un’espressione che mio figlio utilizza quando mi interpella: Papà mio! Per un istante ho pensato che entrando in Chiesa avrei trovato poche persone ad occupare i tanti banchi che riempiono le navate perché dal momento che hai lasciato questo mondo, nella nostra casa sono transitate, facendo un calcolo approssimativo, almeno 5000 persone per dirti ciao per l’ultima volta. Ho fatto un cattivo pensiero; ho creduto che i più avessero voluto togliersi il pensiero passando, per un momento, dalla tua casa a stringerci la mano e dirci quanto gli dispiaceva di avere appreso la triste notizia. Poi sei uscito per l’ultima volta dalla tua dimora, che ancora adesso è intrisa del tuo profumo, e una fila interminabile di amici ti ha seguito fino alla nostra Chiesa per presenziare il rito funebre che il nostro Vescovo si apprestava a celebrare. La casa di Dio gremita di gente, per dare l’ultimo saluto ad un amico, un compagno, un professionista. Le campane suonavano a festa come il giorno in cui arrivò il feretro di zio Tonino. Io e mamma ci siamo guardati e nello stesso istante abbiamo formulato l’identico pensiero: sembra la cerimonia che si svolge in occasione dei grandi eventi; oltre 50 sacerdoti presiedevano gli spazi dell’altare, i banchi completamente occupati, i tuoi amici, colleghi, pazienti, con gli occhi gonfi di lacrime seguivano il tuo passaggio in un crescendo di emozioni. Il rito funebre, la toccante omelia di sua Eccellenza Vito Angiuli, che ha definito la tua esistenza una melodia contrassegnata da 5 variazioni, il saluto della diocesi di Molfetta dalla voce rotta del vicario don Raffaele, che ci ha detto che la città piangeva la tua scomparsa, il ricordo vero, genuino, di Pax Cristi nella persona di don Renato Sacco, tuo grande amico, la bellissima lettera del tuo compagno di testimonianza Giancarlo, che ha commosso l’intera assemblea, il ringraziamento del nostro parroco don Gigi che ha trascorso l’intera celebrazione tenendosi il viso tra le mani per cercare di nascondere il dolore che stava provando nel non saperti più in mezzo a noi. Un dolore che contrastava con la gioia di saperti nell’abbraccio dell’amato fratello a contemplare il volto del Signore. Poi si è avvicinato Francesco, il sagrestano, che m ha detto che il prossimo intervento sarebbe stato il mio. Sapendo che l’emozione avrebbe tradito le mie parole, ho rifiutato. Me ne sono pentito un secondo dopo; lo sai perché? Perché mi sono reso conto che eravamo giunti alla fine della celebrazione e che presto ci saremmo messi in marcia per l’ultimo viaggio. Forse se avessi trovato il coraggio di spendere qualche parola in tua memoria, avrei ritardato di qualche minuto il triste commiato. Non ce l’ho fatta, papà mio; la dialettica che da te ho ereditato era limitata dal dolore della tua assenza. Tante volte ho avuto timore di non essere all’altezza di rappresentarti degnamenti nei vari interventi che mi vedevano sostituirti, ma il tuo sguardo fiero, era la conferma che eri orgoglioso di me e mi faceva superare la paura di non trasmettere il giusto messaggio. Il tempo passa, la paura che ci stiamo avviando all’epilogo, sale. Abbiamo dispensato dalle condoglianze e questo accorcia ancora di più il tempo che ci è concesso per trattenerti con noi. Forse se avessimo accettato le condoglianze di rito in Chiesa, ti avremmo trattenuto per altre 2 ore con noi; ma non ce la sentivamo di dedicarci ancora a quanti, commossi, si sono comunque avvicinati per un ultimo abbraccio; temevamo di rubarti il palcoscenico. Siamo arrivati alle porte del cimitero, sperando che quel tratto di strada non finisse mai; invece è stato il km e mezzo più veloce della mia vita. Il sorriso dolce di zio Tonino ci ha accolti ma non è stato sufficiente ad allontanare il terrore che da lì a pochi minuti non ti avremmo più potuto abbracciare e sentire nostro. La sala mortuaria si è riempita di gente che voleva guardarti per l’ultima volta. Perdonami, se non sono entrato, ma volevo ricordarti com’eri, vivo, dolce, scontroso, amorevole, distante, premuroso, alienante, loquace, silenzioso; si perché eri tutto questo, papà mio! Quante volte abbiamo litigato perché pensavo di non ricevere da te la giusta considerazione e invece tu nel silenzio, quel silenzio che ti ha da sempre contraddistinto, mi vedevi come il tuo degno successore e quanto orgoglio, quando ormai stanco di apparire, ti mettevi in disparte, indicandomi come tuo successore nella testimonianza del tuo amato fratello. Compito difficile e arduo mi hai consegnato, papà mio, che sino ad oggi è stato piacevole perché ho vissuto un ruolo di vice, di rappresentante. Ora dovrò recuperare la forza per dare continuità al tuo impegno, ed è questo che mi spaventa. Come può un nano mettersi al livello di un gigante? Come farò a rappresentare un fratello che vibrava di intensa spiritualità con un uomo che dalla comunità internazionale è considerato già Santo prima ancora del riconoscimento ufficiale della Chiesa? Impossibile emulare la tua capacità di interiorizzare il messaggio di zio Tonino; di renderlo tuo senza mai usurparne la paternità. Primo testimone di quell’esempio di vita Evangelica che senza mai impormi, sei riuscito a trasmettermi fino a farmi appassionare totalmente; passione che ha cancellato qualsiasi altra distrazione e che mi ha fatto riscoprire attraverso l’approfondimento della vita di zio Tonino, quell’amore puro che il Signore nutre per ognuno di noi, fino a sentirlo mio negli spazi più reconditi del cuore. Non raccontavi semplicemente le vicende che hanno caratterizzato la vita di zio Tonino ma mi facevi capire che le parole sono vuote se non si è in grado di tradurle in gesti concreti; che ti rimane solo un freddo applauso se non trasmettono niente a chi ti sta ascoltando, e le tue parole sono sempre state misurate perché sapevi che il superfluo era solo un contorno del quale si fa volentieri a meno. Stefano, non annoiare mai le persone  – mi suggerivi –  quando preoccupato di non sfigurare in una testimonianza, ti leggevo quello che avrei dovuto dire nel mio intervento e tu con sguardo deciso approvavi quelle parole. Grazie ai tuoi racconti ho afferrato il senso del messaggio di tuo fratello: ama la gente, i poveri soprattutto e Gesù Cristo. Queste poche righe sono state le linee guida della tua esistenza. La posizione di professionista stimato ed apprezzato non ha alterato le tue umili origini, anzi ti ha spinto a meglio comprendere le difficoltà di chi non è riuscito ad arrivare permettendoti di andargli incontro, depotenziando il tuo io, destrutturando il tuo ruolo. Anche qui fondamentale è stato l’esempio di tuo fratello. Ricordo sempre quello che mi dicevi quando ti iniziavi alla professione di ginecologo: zio Tonino ti chiedeva quale fosse il tuo compenso per le visite ambulatoriali private. Tu gli rispondevi che ti attenevi ad un tariffario comune a tutti i professionisti del settore: 50.000 lire. Zio Tonino ti diceva: «Fratello… prenditene 25 e se riesci a leggere la povertà negli occhi dei tuoi pazienti, non ti fare pagare». E tu sapevi riconoscere i poveri perché hai vissuto la povertà che ti sei sempre portato dietro come un’ombra e, anche quando il successo professionale ti ha consentito di toglierti qualche soddisfazione, hai mantenuto l’umiltà che ti ha sempre contraddistinto. Grazie papà mio, per avermi fatto capire che il volto di Cristo va ricercato nei poveri che materialmente ti offrono poco, ma spiritualmente ti danno l’incomparabile ricchezza di sentirti uomo fino in cima. Anche ieri, nonostante il tuo corpo fosse freddo, hai saputo darmi il giusto consiglio. Presi dall’entusiasmo di ricongiungerti, materialmente al tuo amato fratello, abbiamo pensato di darti degna sepoltura nell’area che racchiude la sua tomba. Abbiamo anche dato inizio ai lavori per realizzare l’alloggiamento che avrebbe ospitato il tuo feretro, proprio sotto quella roccia che ci invita a partire dagli ultimi. Poi ho ripensato alla tua vita: umile, discreta, silenziosa, senza nessuna smania di protagonismo, e ho capito che non avrei fatto la cosa giusta; probabilmente avrei sgretolato con quella decisione la reputazione che in 79 anni, giorno dopo giorno, ti ha permesso di essere la persona che tutti hanno stimato e alla quale hanno voluto bene. Zio Tonino rinunciò al viaggio della speranza scegliendo di essere operato nell’ospedale dove si affidano tutti i poveri che non hanno le giuste conoscenze. Tu, nel giorno della venuta di Papa Francesco, quando ti suggerimmo di affittare un elicottero per seguire il Santo Padre a Molfetta ed omaggiare la popolazione con la presenza dei fratelli di Don Tonino, con poche parole ci facesti capire che ci stavamo macchiando del più grave dei peccati: la presunzione. Non dimenticherò mai le parole che tuonasti verso me e zio Trifone: «Voi sareste il fratello e il nipote di Don Tonino?». Quelle parole gelarono il nostro entusiasmo riportandoci con i piedi per terra. Ora riposi tra la gente comune, quella che nella tua vita hai sempre aiutato ed io sono orgoglioso di venirti a trovare dove i poveri vivono il sonno eterno. Da qui parte il messaggio di speranza che la morte non è la porta di uscita… ma il portone di ingresso; e così ora io ti immagino, sorridente, felice, contento di aver riabbracciato nonna Maria e zio Tonino e insieme, guardandoci, starete dicendo: «Guardate che stiamo meglio noi di voi!».

Prega per me papà mio, perché possa sul tuo esempio prendermi cura della mia famiglia; perché possa essere una guida per Tonino, per Gaia, Lavinia, Andrea e dammi la forza di consolare mamma che ti ha dedicato la sua intera esistenza e Federica che ha esaurito le lacrime per il dolore della tua scomparsa. Prega perché possa essere sempre un servo inutile a tempo pieno, perché possa essere tuo degno successore e non ti debba mai vergognare di tuo figlio. Un giorno nella gloria del Signore ci abbracceremo ancora e torneremo ad essere la bella famiglia unita che siamo sempre stati; nell’attesa di quell’ora verrò quotidianamente a trovarti al cimitero per ascoltare i tuoi consigli e a dirti: Ti voglio bene papà mio!

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