Dice Albert Einstein che è più facile spezzare un atomo che spezzare un pregiudizio. Una pericolosa pigrizia mentale impedisce di passare dalla meraviglia alla possibilità di una conoscenza più approfondita, la diffidenza severa impedisce un abbraccio in cui accogliere e lasciarsi accogliere.
Gesù torna nella sua terra, preceduto dalla notorietà dei suoi gesti: la gente parla di Lui, le voci si rincorrono, aumentano le attese. Eppure, appare all’insegna di una disarmante semplicità: insegna nella sinagoga, in giorno di sabato. Probabilmente qualcuno sperava un evento sensazionale, corredato di miracolosi effetti speciali. Nulla di tutto questo, anzi. Il suo modo di fare è troppo comune, le sue origini troppo umili e note, perché possa dirsi di lui che è davvero qualcuno: nessuna investitura ufficiale, grandezza tale che possa lasciar loro trasparire ai suoi concittadini di essere l’Inviato di Dio e non l’umile, noto, conterraneo. Paradossalmente proprio la conoscenza è motivo di scandalo – letteralmente: ostacolo – alla fede. Non riescono a credere a un Cristo troppo comune… Gesù stesso avverte questo senso di diffidenza… Il Prologo del Vangelo di Giovanni presenta in tutta la sua drammaticità il mistero della mancata accoglienza da parte del popolo eletto: “Venne tra i suoi, ma i suoi non l’hanno accolto” e allo stesso tempo la possibilità di essere figli di Dio per tutti coloro che lo accolgono. È il limite di una fede incapace di aprirsi allo stupore, di superare la semplice curiosità delle voci di paese. La presunzione di conoscere e di sapere, la falsa certezza di chi, volendo mascherare le sue incertezze, non si espone.
Un’altra occasione mancata. E il Cristo si ferma con meraviglia sulla soglia, dove gli viene impedito di entrare. La sua forza non diviene forzatura, né la sua potenza cede il passo alla prepotenza.
Gesù riprende a camminare e insegna. Dal punto di vista letterario si tratta di un sommario, serve a legare le vicende, sintetizzando estremamente tutta l’azione che si compie, e che, di per sé, riempie intere giornate. Probabilmente ha scelto la via più lunga e più rispettosa, per arrivare a far comprendere: insegnare per suscitare degli echi interiori profondi. Insegnare per suscitare l’adesione a un incontro autentico.