Si ricomincia la ricerca del Messia, anzi del re, smarrito prima di essere proclamato. Si sviluppa una catechesi sul pane di vita. Il livello e il significato delle parole si eleva, attraverso passaggi successivi, parole simili e significati differenti, così si sviluppa il caratteristico “dualismo giovanneo”. L’incomprensione è la naturale conseguenza solo per chi, restando a un piano inferiore, è incapace di cogliere i significati più profondi. La gente si mette in ricerca, ma non sa bene di cosa, abbagliata dal miracolo, ma incapace di cogliere il segno e, dunque, il senso. Gesù incalza subito i suoi interlocutori per l’equivocità della ricerca: vogliono avere lo stomaco pieno…. Ci sono anche altri tipi di fame: di approvazione, di affetto, fame di riuscita, di tutto ciò che sia segnale di questa riuscita, che sia la casa, il lavoro o altro ancora. Cose giuste, ma che senza uno slancio superiore perdono di significato; senza la dignità e l’amore profondo per la verità, la fame d’affetto diventa elemosina di una carezza, amore a fior di pelle; senza un’anima, la riuscita cede il passo alla smania di successo, dove l’altro non è più amico ma rivale, l’affermazione è condizionata da indici di gradimento che mettano in fuga coi numeri l’insicurezza. C’è un’altra fame, la fame di senso, fame di tutto ciò che non si trova nello scaffale di un ipermercato, perché vale talmente tanto che non ha prezzo…è gratuito: qualcosa che dia sapore alla vita, che riempia il tempo e lo spazio d’incontri veri, in cui ogni frammento è dono, qualcosa che non muoia con noi, ma ci accompagni nell’attraversare la soglia, che dischiude a ciò che non muore. L’invito pressante di Gesù vuole allargare l’orizzonte. È il Cristo che dispensa il Pane, pane del presente, poiché nutre; pane del futuro, perché dona pienezza: non è per la sopravvivenza, dona la vita. La gente invece vuol sapere, semplicemente, cosa fare. Ha in mente la Legge, si aspetta altri precetti: è il limite della fede appiattita sulle cose da fare, sulla morale che sconfina nel moralismo. Una fede da dilettanti, in cui è molto facile ridursi al minimo sindacale: una messa, una processione e via, tanto quanto basta… per sentirsi poi in diritto di giudicare gli altri; …in realtà il percorso è opposto…comprendere le persone a partire dai propri limiti e povertà… si scopre così la Misericordia. Credere in Colui che Dio ha mandato: ecco l’opera di Dio, incontro tra l’iniziativa di Dio stesso che agisce e la risposta di chi sa leggere i segni. Credere vuol dire fidarsi. Si fa presto a incoronare un re… fidarsi è un’altra cosa: tocca una dimensione personale, profonda. Il segno del giorno prima ormai non basta più. E come per il popolo dei padri, prevale la mormorazione. Si può parlare di Dio al passato o al futuro: il difficile è credere, nel presente. Il Padre stesso, e non Mosè, ha preso l’iniziativa, e il Cristo è disceso, vincendo la distanza del cielo, abbiamo la vita, direttamente alla Sorgente stessa della vita. Il nostro stesso essere reclama in noi la fame e la sete di vita vera. Nulla, su questa terra, potrà appagarci completamente. «Signore, dacci sempre di questo pane». Una preghiera che travalica il tempo ed è sulla bocca di tutti, di ciascuno, anche sulla nostra. E Gesù, oggi come allora, si rivela e chiede adesione personale e diretta: «Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete, mai!». Il segno compiuto nel presente apre a un senso d’immenso da cui lasciarsi illuminare…