Commento al Vangelo del 30 giugno 2024

La voce del dolore per la morte di una persona amata sale a Dio e più forte è il dolore più alto il grido. Il libro della Sapienza sgombra il campo da spiacevoli equivoci e ambiguità: Dio non ha creato la morte e non gode per la rovina dei viventi. In una erronea interpretazione della sua onnipotenza, siamo tentati di pensare il contrario. Gesù affronta la morte e la malattia venendo incontro al dolore di due creature accomunate dalla condizione di essere donne, in modi diversi bisognose di vita. In comune anche un lasso di tempo: dodici anni. Per la più giovane è l’età, il momento in cui entrare pubblicamente in relazione con la società, del primo ciclo, forse di pensare già a un futuro prossimo per un amore e un progetto di vita. Per l’altra donna, con la sua vicenda di malasanità raccontata come intermezzo, si tratta del tempo della malattia, emorragie persistenti e continue, senza tregua. In questo caso però, il sangue, considerato sede della vita, la abbandona e, con esso, le forze e la vita stessa. Si muove a tentoni tra la folla, cercando almeno lo spazio di un lembo del suo mantello. Le forze la abbandonando, la fede la sorregge in questa sfida, l’ultima possibilità. Nella calca e nella ressa Gesù ne avverte la delicatezza del tocco: “Turba premit, fides tangit”: “la folla spinge, la fede tocca” è il commento di Sant’Agostino. L’emorragia si ferma, torneranno le forze e la vita sarà rinnovata. Gesù si ferma e cerca il suo sguardo, per recarle l’annuncio di salvezza. Nel frattempo un altro annuncio di morte, con affettata cortesia, turba il clima di gioiosa esultanza: riguarda la bambina!

Con discrezione e determinazione Gesù prosegue nel suo cammino, dona una parola di speranza ai genitori, a cui rispondono canzonando e ridendo le voci dei professionisti dello spettacolo del dolore, quello altrui, naturalmente. Gesù si accompagna a coloro che hanno generato la bambina e davanti ai tre discepoli testimoni, la vita si rigenera. Significativo che il testo proponga gli stessi verbi e gli stessi gesti che poi saranno attribuiti al Risorto. Anche in questo caso, fede e vita s’incontrano.

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