Commento al Vangelo del 3 novembre 2024

Mc 12,28-34
Amerai il Signore tuo Dio. Amerai il prossimo tuo.

Dopo il suo arrivo a Gerusalemme, Gesù avrà modo di confrontarsi con gli scribi, maestri e studiosi esperti, sul tema delicato della Legge di Dio. A volte, si tratterà di veri e propri tranelli, nel contesto della polemica, che andrà a sfociare nella condanna alla croce. In questo brano emerge, invece, la ricerca di cogliere la sintesi essenziale della Legge. Probabilmente il rabbino vuol conoscere quale sia la scuola di pensiero a cui Gesù s’ispira, qual è la sua esperienza; evidentemente la sua fama lo precede e il suo stile colpisce, le sue prese di posizione creano interesse. Qual è il primo di tutti i comandamenti? Tra le varie possibili norme di vita, tra le varie ipotesi, tra i 613 precetti che costituivano la cosiddetta “Siepe della Torah”, tra obblighi e divieti, qual è il bandolo della matassa? Come muoversi per mantenere integra la propria fedeltà a Dio… cosa è davvero essenziale della vita, tra tanti richiami e mille possibili abbagli? La richiesta implica ricchezza di saggezza ed essenzialità di parole. Vengono citati i due passi dell’Antico Testamento, tratti dai libri del Deuteronomio e del Levitico. Il Credo del Popolo eletto, col suo richiamo all’ascolto: Ascolta Israele –Shemà Israel, a cui segue il comando dell’amore a Dio. L’amore di per sé esige piena libertà. Ma si può comandare poi di amare? – Direbbe Padre David Maria Turoldo – l’amore è l’unica forza, che spinge pur lasciando liberi. Amare Dio in modo pieno, senza vuoti a perdere. Con tutto il cuore, ma non solo. Se si vuole che l’adesione a Dio sia solida e incrollabile, non la si può fondare su fugaci emozioni. Deve coinvolgere ogni persona nella sua triplice dimensione: affettiva, razionale e operativa. Non basta un amore solo teorico, generico e astratto. La fede coinvolge la persona in totalità, aiuta a ritrovare l’unità interiore, messa costantemente alla prova da ritmi stressanti e delusioni cocenti. Abbiamo bisogno di ritrovarci. Ritrovare noi stessi nell’amore, perché ognuno di noi è un dono d’amore uscito dalle mani di Dio. Perciò c’è da prendere in considerazione un secondo comandamento: amare il prossimo come sé stessi. L’amore per Dio è la base, la motivazione profonda che ci muove, l’amore per il prossimo esprime la concretezza dell’amore. Siamo creati a immagine e somiglianza di Dio. Ritrovare in sé stessi un riflesso di questa somiglianza e di questa bellezza significa crescere in autostima, nella consapevolezza dei doni ricevuti, del dono che siamo. Amare gli altri come sé stessi è il criterio di fondo e la misura che libera dall’egoismo, genera solidarietà e condivisione, esperienze di prossimità. Lo scriba ascolta con sincera attenzione e si ritrova nelle parole di Gesù. Esprime una saggezza che lo rende vicino al Regno di Dio. Anche lui, come altri interlocutori, deve compiere il passaggio decisivo. Gli altri, intanto, restano senza parole.

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