Mc 10,46-52
Rabbunì, che io veda di nuovo!
Incontri evocativi, di forte valore simbolico, sulla strada Gerico – Gerusalemme. Il figlio di Timeo, Bartimeo, e il figlio di Davide, Cristo, sulla strada che porta dalla città maledetta (nell’Antico Testamento) alla città santa, richiamano il percorso di liberazione del popolo dall’umiliazione dell’esilio. Dopo che il popolo si è allontanato da Dio, la fedeltà di Dio rivolge lo sguardo verso i poveri e gli umili, gli anawim: un resto d’Israele: poveri, zoppi e ciechi, quasi impossibilitati a camminare, seguiranno una strada nuova. Dopo il tempo mortificante della schiavitù, si torna nella Terra Promessa, fondamento dell’identità del popolo, luogo di libertà e ritrovata dignità. Nell’ultimo tratto percorso da Gesù, prima dell’ingresso in Gerusalemme, un grido di invocazione si leva e s’infrange sul vociare confuso della folla al suo passaggio. Con la speranza tenace di trovare udienza, nella consapevolezza che la voce dovrà essere alta almeno quanto il desiderio di luce. E di vita. Nella ressa della gente non manca mai il brusio di disapprovazione dei benpensanti di circostanza, quelli che salverebbero le apparenze anche di fronte a un cieco. L’opposizione diventa rimprovero al disturbatore della quiete pubblica, fastidioso e irritante. Ma il grido si alza ancora più forte: è una preghiera, che vorrebbe squarciare le nubi e arrivare al trono del cielo, a raccontare la fatica e la sofferenza di due occhi che non vedono, ma conoscono il silenzio di lacrime solitarie: «Abbi pietà di me!». La forza della preghiera è il desiderio di vivere! Più forte dello scoraggiamento, della consapevolezza dei propri limiti e peccati, più forte del “Chi te lo fa fare?” di chi semina disfattismo spacciandolo per senso pratico, per fermarsi, senza riuscire a osare oltre, con la preghiera. Invece, il figlio dell’israelita Timeo ha coraggio: il coraggio di chi, pur non avendo l’uso degli occhi, nella vita ne ha viste tante. La tenacia di coglie in quell’incontro la possibilità di una svolta. E raggiunge l’obiettivo. La sua preghiera arriva all’orecchio del Cristo, Figlio di Davide, maestro e discendente dei re. Gesù lo chiama, Bartimeo risponde alla chiamata. Balza in piedi, getta il mantello, tutto quello che aveva, il riparo dal freddo, lo spazio per raccogliere l’elemosina, dovendo vivere delle briciole, della generosità o del superfluo altrui. È il vincolo che lo tiene legato al suo piccolo mondo antico: senza prospettive. È gettato via, mentre cerca la luce… e una vita nuova. «La tua fede ti ha salvato». La salvezza avviene in dialogo, ascolto e risposta, incontro tra una preghiera che non si accontenta delle briciole, non si ferma ai desideri di ristretto orizzonte, ma impegna la vita, e la volontà di Dio che vuole che tutta l’umanità sia salvata. Incontro di due volontà in cui l’amore è tanto sottinteso quanto evidente, come la luce. A differenza dell’uomo ricco, l’ormai ex mendicante segue Gesù lungo la strada. Alla sequela di Cristo, la promessa di Dio si compie, il Regno di Dio si va realizzando.