Nel mito greco-romano, tre divinità, figli del Titano Crono e di Rea, fratelli tra loro, detenevano il controllo delle potenze più pericolose e meno gestibili: Zeus, il tuono, Poseidon, il mare, Ade, le regioni dell’oltretomba. Tutti gli dei sovrintendevano a un compito specifico, ma attraverso queste potenze tremende l’uomo era messo faccia a faccia con la morte. Evidentemente l’intuizione di fondo traduce la paura di fronte all’orgoglio delle onde e alla furia dell’uragano.
I discepoli, preparata una barca, prendono Gesù così com’è, disarmante descrizione rispetto a tanti tentativi di definirlo, per passare all’altra riva. Non solo nel mare, anche sul grande lago sta per affiorare la paura. Come per le scelte di vita. Fascino e paura espresse così da Montale che osserva il tuffo di una ragazza e dei suoi vent’anni: “Poi ridi, e come spiccata da un vento t’abbatti fra le braccia del tuo divino amico che t’afferra. Ti guardiamo noi, della razza di chi rimane a terra”. Il coraggio delle scelte va incontro alla crisi e alla tempesta. E Gesù dorme: situazione surreale. O forse si tratta di un dettaglio, per sottolineare la situazione in cui si trovano in tanti, uomini e donne, certi della presenza di Dio eppure attoniti e presi dal panico di fronte al suo silenzio e al suo… sonno! Non è facile. Riguarda tutti, nessuno escluso.
Nel fragore, e qualche probabile imprecazione, le grida dei discepoli, con tono di rimprovero svegliano il maestro, destandolo da tanta scandalosa indifferenza. Egli alza la voce a sua volta, vince l’orgoglio del mare e l’impeto del vento. Poi con calma ricorda ai suoi che… il più delle volte il contrario della paura non è il coraggio ma la fede! Semplice, no?
La paura è superata, resta il timore di Dio. Chi è costui, al quale anche il vento e il mare obbediscono? Prima di tentare qualche risposta, lasciamoci interpellare dalla domanda.