Mc 13, 24-32
Il Figlio dell’uomo radunerà i suoi eletti dai quattro venti.
In bilico tra Santi e falsi dei, come nella canzone dei Negramaro, siamo al passaggio di un’epoca, spesso più figli del tramonto che dell’aurora, in questo travaglio in attesa di tempi nuovi. Tra le promesse e le disillusioni del progresso. La Terra chiede aiuto e si continuano ad abbattere alberi, in nome di una proposta di mercato che si presenta con l’abito nuovo, un abito green, naturalmente, sulla scena di un mondo in guerra coi potenti troppo spesso incuranti anche delle lacrime dei bambini…dove andremo a finire? Qualcuno arriva a dire che ci meritiamo l’estinzione. O forse, a riflettere per qualche minuto in più, ha ragione Anna Frank, che anche avendo subito il male più impietoso continua a sperare, nonostante tutto, e a credere nell’intima bontà dell’uomo.
Le parole del Vangelo di Marco, offrono la descrizione di una svolta, sembrerebbe la fine ultima: è piuttosto il fine ultimo, il senso di tutta la storia che va incontro al Regno di Dio. Un tempo in cui crollano le certezze umane; il sole, la luna e le stelle, elevate al rango di divinità nelle religioni del bacino orientale, anche loro cadranno. Come cadono le star di passaggio nel firmamento della notorietà mondana, vip per modo di dire, persone come tutti, in fondo, con il loro carico di talento e fragilità. Cosa resterà? Di questi anni scivolati via, che compongono la nostra vita e scivolano come sabbia tra le dita. Cosa poter intravedere oltre “questa siepe, che da tanta parte dell’ultimo orizzonte il guardo esclude”? Quale il senso di tante lacrime, nei travagli e nelle tribolazioni, siano esse di dolore o di emozione, di grida o di rinascita? Qual è lo spazio per un autentico riconoscimento della dignità della donna e dell’uomo, e assieme a loro di tutto il Creato? Quando il mondo fondato sulla violenza mimetizzata in tante situazioni sembra oscurarsi e cadere come un castello di carte Allora vedranno il Figlio dell’uomo venire sulle nubi con grande potenza e gloria. Alla sua luce vediamo la luce. È lui il fondamento della nostra vita, la roccia su cui porre le fondamenta che la sorreggano nei giorni di sole come in quelli di pioggia e di tempesta, quando è più facile confondere le lacrime sui volti. Mentre questa società “liquida” scorre via con le sue insicurezze ecco una certezza: Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno. E ci saranno sempre coloro che doneranno la Vita, sospinti da questa speranza, uomini e donne disposti a rinunciare “ai segni del potere e a puntare sul potere dei segni” sulla Sua Parola: caposaldo di un mondo nuovo che porta in sé la dinamica della Pasqua, del passaggio dalla morte alla Vita. Anzi, il mondo nuovo è già iniziato, dalla Resurrezione di Gesù, dopo che sulla croce è stato riconosciuto Figlio di Dio. “Così tra questa Immensità s’annega il pensier mio: e il naufragar m’è dolce in questo mare”.