Commento al Vangelo del 10 novembre 2024

Mc 12,38-44
Questa vedova, nella sua povertà, ha dato tutto quello che aveva.

Ancora una volta, non è come sembra. Ancora una volta l’apparenza inganna. Erich Fromm nel suo saggio Avere o essere? analizza tutta una serie di atteggiamenti improntati in prevalenza ad affermarsi per l’autenticità, o per la smania di possedere. L’egoismo o l’altruismo come stile di vita. Il coraggio di puntare sui propri doni e fragilità, oppure più superficialmente sulla proprietà, dietro cui nascondersi, come dietro a un paravento, preferire il personaggio alla persona. Nel racconto di Marco, Gesù osserva e coglie alcune contraddizioni e dettagli rivelatori della realtà nascosta dietro le maschere. I maestri ed esperti della Legge di Dio, hanno abdicato al loro compito preciso di leggere la propria interiorità per essere guide credibili di spiritualità, si dedicano piuttosto a sfoggiare le proprie vesti fruscianti, per segnalare con sottile sfrontatezza la propria presenza ricevere la dovuta riverenza, affermare la propria autorità. L’ansia famelica del possesso ha sconfinato: da garanti della giustizia sono divenuti detentori di privilegi sulla pelle dei più poveri. Chi è il miserabile? Chi non ha nulla, oppure chi dipende dalle opinioni altrui, è schiavo del loro sguardo e per affermare la propria presenza ha bisogno di farsi notare? I social poi hanno amplificato questa tendenza-dipendenza: nati come mezzi di comunicazione, finiscono per schermare i volti isolandoli e alimentando l’arroganza dei cosiddetti leoni da tastiera, da mezzi di comunicazione diventano strumento manipolatore. Sì, è una tentazione ripiegata sulla soglia dell’anima di ciascuno di noi, quella di cedere umanamente al fascino della notorietà, nel timore che se non ti vedono, non ci sei. In questo gioco perverso, si ostenta per nascondere, si mette in rilievo qualcosa, per distogliere l’attenzione da altri dettagli che potrebbero essere d’imbarazzo. Il vescovo don Tonino Bello ha spesso esortato a lasciare i segni del potere per assumere il potere dei segni: di piccoli gesti cioè, che indicano il tragitto da seguire per un’altra strada, perché un altro modo di vivere è possibile, perché l’arroganza del potere, per quanto rumorosa lampante e ingombrante, non è ineluttabile.
Per gli scribi, anche la generosità nelle offerte del tempo diviene un modo per pavoneggiarsi e ostentare: molte monete fanno molto rumore! Portano a girare il collo istintivamente per torcere il viso verso una superbia interessata, mascherata da disinteresse. Lo sguardo di Gesù, in una scena ricca di contrasti, si ferma invece sulla offerta silente di una vedova, una delle vittime di certi potenti: solo due spiccioli. Troppo pochi per far rumore, tanti da essere importanti davanti a Dio. Non sono il superfluo, ma l’essenziale. Non l’eccedenza, ma ciò che serve per vivere. Non poco, semplicemente tutto. Perché ciò che siamo non si compra, è semplicemente un dono, non ha prezzo. E l’offerta più gradita a Dio non è ciò che abbiamo, ma ciò che siamo, semplicemente.

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